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L'America boccia le scuse di Fuld sul crack Lehman

di Marco Valsania

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7 ottobre 2008

Dick Fuld è salito alla sbarra del Congresso americano. Capo d'imputazione: simbolo degli eccessi di Wall Street che hanno scatenato la bufera finanziaria che sta scuotendo l'intera economia. L'amministratore delegato di Lehman Brothers, la grande banca d'investimento che a metà settembre è stata travolta dalle perdite e ha scatenato ondate di panico sui mercati globali, ha subìto ieri un vero e proprio processo pubblico. Dove i deputati della Camera, uno dopo l'altro, l'hanno attaccato con toni implacabili: «Mister Fuld non si è assunto alcuna responsabilità nel collasso di Lehman - ha tuonato il presidente della Commissione per il controllo e le riforme governative, il democratico Henry Waxman, nel «j'accuse» forse più duro - Lui ne uscirà bene. Ma ai contribuenti rimarrà un conto da 700 miliardi di dollari per salvare Wall Street».

Waxman ha denunciato quella di Lehman come una cultura dove «nessuno pagava per i fallimenti». A cominciare da Fuld che, nei conti del deputato, ha intascato, dal Duemila a oggi, 480 milioni di dollari. Elijah Cummings, democratico del Maryland, ha incalzato domandandosi come Fuld «riesca a dormire la notte». E ha anche citato un messaggio di posta elettronica del cugino del presidente George W. Bush, George Walker, esponente del comitato esecutivo di Lehman, che rispondeva sprezzante alla proposta avanzata da un gestore di fondi di rinunciare ai bonus 2008: «Mi spiace, non so che cosa abbiate bevuto». Ma il fuoco di fila contro Fuld è arrivato in egual misura dai repubblicani. John Mica, conservatore della Florida, ha affermato di voler nominare un «procuratore speciale» sulla crisi finanziaria.

I documenti esaminati dal Congresso nel "caso Lehman" mostrano come i vertici del gruppo, anche mentre cercavano soccorso dal Governo, hanno continuato ad approvare super-compensi per i dirigenti. Quattro giorni prima di chiedere l'amministrazione controllata e la liquidazione, il comitato sulle retribuzioni aveva ricevuto la richiesta di stanziare venti milioni di dollari in speciali remunerazioni per tre executive in uscita. A inizio anno, nonostante fossero già suonati allarmi sulla solidità finanziaria, Lehman mantenne intatti i piani per l'esborso di cinque miliardi di dollari in bonus e altri quattro miliardi in pacchetti azionari. Altre rivelazioni scomode sono giunte da un'inchiesta del Wall Street Journal: la società ha mantenuto un ottimismo ufficiale anche mentre la crisi precipitava. Il 10 settembre, infatti, i vertici di Lehman avevano calcolato di aver bisogno di almeno tre miliardi in nuovi capitali, ma assicurarono gli investitori di non aver necessità di nuove risorse.

Fuld, volto scuro e toni sobri, ha cercato di difendersi. Colui che è stato il banchiere più longevo di Wall Street, per 14 anni sulla poltrona di Lehman, ha ammesso errori: «Posso dire che io e molti abbiamo sbagliato». Anzitutto sulla salute del mercato dei mutui. Ma ha sostenuto di aver fatto il possibile per proteggere la banca d'investimento. E ha aggiunto: «Quanto accaduto a Lehman è stato causato da carenza di fiducia. Non solo in Lehman. Parte, piuttosto, di un'ondata di paura che ha interessato l'intero settore delle investment bank e in generale le istituzioni finanziarie».
Il banchiere ha inoltre criticato le autorità federali: ha detto che la Sec e la Federal Reserve erano al corrente del business di Lehman, perché «conducevano regolari e spesso quotidiane ispezioni sui bilanci». Le autorità federali, ha incalzato, sono state anche troppo lente nell'agire: nell'ampliare le garanzie che le banche potevano dare in cambio di liquidità. Oppure hanno sottovalutato le conseguenze delle loro azioni: quando, ad esempio, hanno deciso di non salvare Lehman.

7 ottobre 2008
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